Questo è il mio sangue

Nel 2015 l’attivista ventiseienne statunitense, di origine indiana, Kiran Gandhi ha corso la maratona di Londra (42 chilometri circa) il primo giorno di ciclo mestruale, senza assorbenti, lasciando fluire liberamente e visibilmente il sangue e portando a termine la maratona.

Cosi racconta la sua esperienza: «Per correre, ho preso una decisione che mi consentisse di completare il percorso di 26,2 miglia (42,1 km). Eppure, dal momento che non si parla molto di questo naturale evento mensile, la mia decisione ha sconvolto diverse persone. La notte prima della Maratona di Londra mi è venuto il ciclo, faceva un male terribile. Sarebbe stata la mia prima maratona e ricordo ancora la mia agitazione. Avevo passato un intero anno ad allenarmi duramente, ma mai durante il ciclo. Ho valutato le mie opzioni. Correre 26,2 miglia con un pezzo di cotone incastrato tra le gambe mi sembrava assurdo. Una maratona, di per sé, è già un atto simbolico, che esiste da secoli. Perché non utilizzarla come un mezzo per fare luce sulla condizione di tutte le mie simili, di tutte le mie sorelle che non hanno accesso agli assorbenti e che, nonostante i crampi ed il dolore, devono nascondersi come se il ciclo non esistesse? »

In India, il 10% delle ragazze vede le mestruazioni come una malattia. Secondo uno studio condotto da A.C. Nielsen e Plan International, circa il 23% delle ragazze lascia la scuola una volta raggiunta la pubertà. Milioni di loro non continueranno a studiare e questo avrà delle conseguenze dal punto di vista economico, sociale e di salute. Il ciclo mestruale non incide solo sulla loro istruzione. A molte ragazze indiane non vengono insegnate le regole d’igiene fondamentali da seguire durante il ciclo. Secondo la piattaforma online Menstrual Hygiene Day, un’alta percentuale di ragazze (dal 43 all’88%) ricorre a pezzi di tessuto riutilizzabile, che spesso non vengono lavati con sapone o acqua pulita. Questo può influire negativamente sulla loro capacità riproduttiva. Circa il 70% dei disturbi legati alla riproduzione in India è causato dalla scarsa igiene durante il periodo mestruale.

Citiamo l’India facendo riferimento a Kiran Gandhi ma nel resto del mondo la situazione non è diversa.

Ora si penserà che questi siano problemi “funzionali e di mezzi” tipici dei paesi in via di sviluppo, ma se ci soffermassimo a riflettere un po’, ci renderemmo conto, di quanto nel “Nuovo Mondo” Italia compresa, le mestruazioni, siano un tabù abbastanza rilevante.

Mestruazioni, tabù, femminilità. Quanto costa, moralmente ed economicamente essere donna?

L’incapacità e la “mala educación” di parlare con chiarezza del proprio corpo, dei propri fluidi, di tutto ciò che accade internamente ed esternamente, ad una donna, durante il ciclo mestruale, crea oppressione, stigmatizzazione e tabù.

Impedisce alle donne di comprendere e di confrontarsi, su quello che avviene biologicamente e impedisce, anche a livello medico, di affrontare eventuali problemi, o peggio ancora di prevenirli. E poi si è facilmente manipolabili. Anche dallo Stato Italiano: i prodotti sanitari per il ciclo sono tassati con IVA al 22%, come qualsiasi altro tipo di prodotto ritenuto non essenziale. Se tutti i prodotti per il ciclo rientrassero nella lista dei beni primari verrebbero tassati con un’aliquota IVA al 4%, questo permetterebbe a tutte le donne, soprattutto quelle che vivono in condizioni economiche e di vita difficili, di poter “curare” il proprio corpo, in giorni di ciclo mestruale, senza rinunciare all’igiene e alle proprie dinamiche di routine.

il sangue mestruale

Mestruazioni è sinonimo di silenzio. Contrario di confronto. Come educare le nuove generazioni?

Solo sessant’anni fa, le nostre nonne venivano considerate così pericolosamente instabili da non avere accesso alla magistratura. Fino al 1963 lo diceva proprio la legge italiana, nero su bianco: «Fisiologicamente tra un uomo e una donna ci sono differenze nella funzione intellettuale, e questo specie in determinati periodi della vita femminile». Oggi invece, le cose sono molto cambiate (leggere con ironia). I social, hanno permesso di raccontare e mostrare la vita di ognuno. Feste, cene, amore, corpi e sensualità. E poi il quotidiano, i sogni. Ci permette di farlo tramite parole ed immagini, di confrontarci con altri. Di stare in piazza insomma, e spesso accade, che in piazza ci sia anche qualcuno da cui difendersi.  Quello che ai giovani “smanettoni, millennials” bisogna ricordare è che la differenza, tra il reale e il virtuale – oggi – è molto sottile.

Rupi Kaur (artista e poetessa) è stata censurata da Instagram stesso, rimproverata di volgarità e cattivo gusto, per aver postato nel 2015 una foto che la ritraeva in pigiama macchiato di sangue mestruale. L’immagine in questione, faceva parte di un progetto scolastico, presso l’università di Toronto, mirato all’analisi sul modo in cui i media trattino un’informazione visiva. Cosi l’artista ha commentato: «Quando Instagram cancella a ripetizione la fotografia di una ragazza che dorme con il pigiama macchiato di sangue mestruale, ti ritrovi improvvisamente in un’aula di quarta elementare. Ti tornano in mente i bambini tirannici».

Il problema sui linguaggi e immagini, in adolescenza e non solo, è molto importante

Per le ragazzine è molto più difficile confrontarsi con la parola “mestruazioni” urlata e derisa pubblicamente da altre persone, maschi magari, che sentirsi mortificate davvero dalla parola “tr**a” ormai appellativo entrato nel gergo comune di tutti.

Ti consigliamo di leggere “Questo è il mio sangue Manifesto contro il tabù delle mestruazioni” (Einaudi) di Élise Thiébaut

Questo è il mio sangue è un manifesto che, senza tanti giri di parole tende di abbattere il tabù delle mestruazioni. Tra l’incredulità e l’imbarazzo, non ci vuole poi molto ad accorgersi che una certa resistenza sul tema persiste ancora nel 2018, come testimonia un universo di appellativi allusivi con cui chiamare le mestruazioni indirettamente. Perché chiamarle ‘marchese’, ‘parenti’, ‘le mie cose’, ‘quei giorni lì’, quando il loro nome non è volgare, semplicemente mestruazioni.

Rispondendo alle domande, ai dubbi, alle critiche e alle perplessità che le venivano rivolte, Élise Thiébaut raccoglie in 200 pagine una sintesi di informazioni chiare, interessanti. Questo è un libro che bisognerebbe leggere e far leggere, anche alla ragazzina un po’ imbarazzata dal primo menarca e dalla gestione dello stesso tra i banchi di scuola, e pure alla signora di una certa età che ancora fa di tutto per nascondere gli assorbenti dalla vista del marito.

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